L'anandamide (N-arachindonoil-etanolammina o AEA) è un acido grasso endogeno derivato dall'acido arachidonico, capace di legarsi ai recettori dei cannabinoidi producendo sia effetti centrali che periferici. In tal senso, l'anandamide ricalca a grandi linee l'azione del tetraidrocannabinolo, o THC, che è il principio attivo della marijuana; a livello cerebrale, l'interazione con i recettori dei cannabinoidi, produce modificazioni del tono dell'umore e del livello di coscienza.
Non a caso il termine anandamide deriva dalla parola sanscrita ananda, che significa stato di grazia o beatitudine, riferendosi appunto alla sua capacità di evocare sensazioni piacevoli. In realtà, comunque, il ruolo fisiopatologico dell'anandamide è piuttosto complicato e ancora lontano dall'essere completamente chiarito; si ritiene venga sintetizzata in maggiori quantità durante stati di stress per proteggere l'organismo dai danni causati da varie situazioni patologiche, espletando un'azione anti-ossidativa, ipotensiva, immunosoppressiva, antiinfiammatoria e, in particolare, antidolorifica. Importante anche la già ricordata azione modulante su stati emotivi come piacere, capacità di concentrazione ed aggressività.
Piccoli quantitativi di anandamide si trovano anche in alcuni alimenti, come il latte ed il cioccolato; in particolare, la presenza di questa sostanza nel "cibo degli Dei" aveva in un primo tempo indotto i ricercatori a ritenerla responsabile del senso di benessere promosso dall'assunzione di cioccolato, ma anche ad una certa dipendenza dallo stesso alimento; in realtà si è poi visto che le concentrazioni di anandamide nell'alimento sono piuttosto basse, tali per cui bisognerebbe consumarne diversi kg per ottenere gli effetti succitati.
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